16 suite, 3 appartamenti privati ed un totale di 52 camere tutte diverse tra loro. Rinasce in questa nuova veste il cinquecentesco palazzo Nani (5 stelle, quarta struttura italiana del gruppo Radisson Collection Hotel) nel Sestiere di Cannaregio a Venezia, a poca distanza dal Ghetto.
Artefice della sua trasformazione, lo studio Marco Piva che ne ha curato un interior design “attento alle scelte formali e materiche, ai cromatismi e alle texture che mira a configurare una nuova sofisticata scenografia, un contributo alla magnificenza della città”. Dichiara il progettista.
La dimora, che porta ancora il nome della famiglia nobiliare a cui apparteneva, ha conosciuto differenti destinazioni d’uso (caserma e poi ancora scuola) prima dell’attento restauro che ha interessato anche affreschi e soffitti lignei con travatura a vista. Tutto ora, al suo interno, rimanda alla tradizione veneziana a partire dalle palette cromatiche e decorative ricavate dalla città sino ai legni e le essenze (in riferimento alle tradizionali briccole di Venezia) e ai vetri muranesi.
Anche i marmi, con venature forti come il Palissandro Nuvolato e il Bardiglio Nuvolato, costituiscono un richiamo all’acqua e ai movimenti della laguna veneziana mentre l’arredo, quasi completamente custom, è self-standing e flessibile.
“Il progetto di Palazzo Nani, che ho avuto il privilegio di seguire – spiega Jennifer Bassani, project manager dell’intervento – ha sapientemente unito il valore storico e artistico del Palazzo con un’attenta ricerca estetica sui suoi luoghi, materiali e elementi artistici che lo caratterizzano.
Il risultato vede il miglior design e materiali innovativi fondersi con il valore emotivo e sociale dell’opera, mettendo in risalto dettagli architettonici originali, valorizzando gli affreschi e richiamando aspetti della storicità attraverso elementi contemporanei.
Un connubio tra passato e futuro dove tutto è studiato e progettato per trovare un richiamo alla città e alla suo patrimonio storico.
Per i bagni delle 52 camere abbiamo selezionato le lastre ceramiche ultrasottili in formato 120×120 cm Kerlite 6Plus Bianco Luce di Cotto d’Este, che coniugano l’eleganza delle pietre naturali con resistenza e durabilità eccellenti.
Le configurazioni uniche dei bagni riflettono scelte di design che integrano elementi contemporanei con rimandi storici. La finitura Touch, con la sua superficie opaca, offre una piacevole sensazione tattile e le sfumature leggere del Bianco Luce evocano le venature dei marmi classici, mentre Lithos nel colore Stone richiama i toni terrosi delle facciate della città lagunare”.
Per il pavimento, la zona lavabi e della vasca, è stata utilizzata Kerlite Vanity, una collezione ispirata ai marmi più eleganti e minimali, con disegni sottili, venature leggere e tenui chiaroscuri nei decori. La zona della doccia e dei sanitari è stata, invece, rivestita utilizzando le maxi-lastre (120×260 cm) della collezione Lithos, scelta per la matericità della pietra e in perfetta continuità con il resto dello spazio.
La scelta di Kerlite cela in realtà una specifica esigenza strategica: i suoi ridotti spessore, peso e contenuto si sono rivelati caratteristiche cruciali per la struttura storica. Inoltre, puntualizza Bassani, “le lastre si tagliano facilmente, permettendo adattamenti precisi e semplificando la logistica del cantiere, riducendo l’impatto ambientale.
La posa rapida e semplice è un ulteriore vantaggio in un ambiente delicato come Venezia.
Entrambe le collezioni fanno parte di una linea con trattamento antibatterico (grazie agli ioni d’argento incorporati nelle piastrelle) e con certificazione di sostenibilità, aspetti di grande rilevanza per noi di Studio Marco Piva, attivi da anni nel settore dell’hospitality.
La nostra esperienza ci ha insegnato l’importanza di offrire soluzioni innovative, in grado di creare spazi che non solo soddisfano i più elevati standard estetici, ma sono anche funzionali e adattabili alle esigenze dei prestigiosi brand internazionali con cui collaboriamo, i quali richiedono requisiti qualitativi estremamente rigorosi”.