Seguendo le tracce

L’attenzione al contesto, l’ascolto dei luoghi e la selezione attenta dei materiali guidano le scelte progettuali di Westway Architects. Tra queste, un progetto in Etiopia, in cui sono stati utilizzati integralmente prodotti ceramici made in Italy
Di Alessandra Coppa

In ogni progetto dello studio romano Westway Architects il punto di partenza è quello di indagine e di studio per trovare ed ascoltare le tracce del luogo come stimolo per formulare un pensiero e trovare soluzioni che si proiettino con valore nel futuro.

 

Perché il nome del vostro studio non è in italiano?

Il nome prende origine dalla volontà di unire le esperienze professionali e di vita acquisite negli Stati Uniti con la cultura della terra di origine. Rispecchia il nostro modo di lavorare, che tende al rigore e alla cura dei dettagli proprio del mondo anglosassone.
Westway diventa una vera e propria linea guida e la caratteristica principale della nostra professione: ovvero avere sempre uno sguardo che con curiosità scruta e si interroga sul mondo che ci circonda.

 

Qual è la vostra filosofia progettuale per realizzazioni che spaziano dal residenziale, al retail, dalle cantine agli edifici industriali? Si tratta di un approccio per una progettazione integrata?

Seguiamo le tracce. Assorbiamo quello che il luogo, il contesto, il committente ci trasmettono per poi sintetizzarlo e trasformarlo in identità.
Le nostre indagini ci portano a trovare soluzioni mai standardizzate, mai simili tra loro e mai influenzate da tendenze che renderebbero l’opera credibile solo per un tempo finito. Coinvolgiamo nel progetto le diverse competenze tecniche necessarie, in modo che la loro integrazione assicuri la migliore efficacia possibile. Il progetto è integrato nel suo essere. Una forte identità si realizza solo garantendo che tutti gli attori che si occupano della realizzazione seguano un’unica regia. La nostra progettazione cerca sempre il dialogo con le altre competenze amplificando la professionalità di tutti. Ciò che rende possibile la nostra “non specializzazione” è la capacità di muoverci su dimensioni diverse, su tipologie e destinazioni d’uso molteplici, ponendo la stessa attenzione al piccolo dettaglio come se fosse un grande cantiere e di trattare il grande cantiere con la stessa cura del piccolo dettaglio.

 

Come concepite il rapporto delle vostre architetture con il luogo, con il paesaggio, il rapporto interno-esterno? Nel vostro progetto della Cantina Santa Margherita a Fossalta di Portogruaro si nota il rispetto delle caratteristiche architettoniche del patrimonio industriale e del contesto. Come avete affrontato la difficoltà di stabilire un equilibrio tra funzionalità ed estetica?

Per il complesso produttivo della Cantina Santa Margherita quello che siamo riusciti a creare è proprio un luogo.
Il contesto era ben definito e complesso con funzioni, percorsi e flussi di cui una grande azienda necessita e che mai si sono fermati.
Rispettando quelle necessità abbiamo riletto lo spazio e trasformato quello che era un luogo di lavoro in un luogo identitario per l’azienda e per i suoi operatori.
Il primo intervento, in cui sono state realizzate la grande pensilina con travi in ferro, la facciata in vetro e il rivestimento in zinco titanio delle nuove facciate e il secondo intervento in cui sono stati realizzati i quattro edifici dell’imbottigliamento creano un dialogo continuo tra loro senza nessun punto di interruzione nella coerenza e nella forza del progetto.
Lo zinco titanio, che riveste entrambi gli edifici, enfatizza le forme grazie ad un sistema di posa che nel primo lo rende teso e liscio e nell’altro vibrante e morbido.
Il colore bordeaux crea un fil rouge nello sguardo che fa percepire questo grande luogo come un’unica piazza dove poter raccontare, far conoscere ed enfatizzare l’identità dell’azienda.

 

Cantina Santa Margherita, Fossalta di Portogruaro (VE)

 

Altri vostri progetti mettono in evidenza il legame tra presente e passato: un Villino datato 1902 diventa la nuova sede della società Italiana Costruzioni SpA.

La sfida che ci siamo trovati ad affrontare con la ristrutturazione del Villino dei primi del novecento per trasformarlo in una sede istituzionale di una grande società è stato proprio l’incontro/scontro con il passato.
Scavare e trovare la domus romana ha creato una connessione con il passato e la possibilità di trasformare quel passato in futuro. Questo ha generato una ricerca sempre tesa a restituire quegli spazi alla vita quotidiana, a renderli visibili rispettandoli in tutto il loro infinito valore.
Il luogo si trasforma in sale per meeting, luoghi di rappresentanza e uffici utilizzando la luce naturale come guida nella progettazione degli spazi andandola a cercare in ogni modo possibile.
La luce naturale diventa il vero architetto che taglia e scava la materia per raggiungere tutti i luoghi possibili.
I materiali, adatti ad un ambiente di lavoro, sono stati selezionati per garantire una coerenza cromatica e un benessere abitativo elevato per chi, quello spazio, lo vive per diverse ore nell’arco della giornata. Forme e funzioni si coordinano e mai si prevaricano.

 

A Milano l’edificio di Monte Grappa è inserito nel tessuto ottocentesco eterogeneo; in questo caso come avete ricucito le “tracce” del luogo?

L’edificio di Milano in viale Monte Grappa è stata una grande opportunità per poter raccontare qual è la nostra idea di abitare contemporaneo e la nostra capacità di trasformazione di un edificio esistente in un edificio contemporaneo e funzionale.
La differenza di quote tra gli edifici eterogenei che compongono la quinta stradale, hanno tracciato i fili di una complanarità e di una coerenza che hanno dettato le linee guida del progetto.
Definiti i limiti in cui poterci muovere, abbiamo valorizzato la facciata esistente ristrutturandola e mantenendo il suo aspetto originale. I nuovi piani fanno da cornice all’antico presentandosi come un vero e proprio manifesto che comunica alla città il nuovo intervento e ne anticipa le caratteristiche tecnologiche e innovative.
Guidati dalla storia dell’edilizia residenziale milanese, nell’organizzazione delle abitazioni e nella realizzazione di ampie terrazze private, abbiamo seguito lo stile e le caratteristiche degli antichi edifici a ballatoio che disegnavano la città di Milano.

 

Edificio residenziale di Viale Monte Grappa, Milano

 

Inoltre sono molto interessanti i vostri progetti in Etiopia per l’integrazione architettura e paesaggio.

I progetti in Etiopia sono sempre un momento di grande riflessione. Sia quando sono collocati all’interno della città di Addis Abeba, come l’Headquarters di BGI, sia quando ci muoviamo in ambienti e territori ancora non urbanizzati con una natura meravigliosa e rigogliosa che domina il paesaggio e che impone le sue regole.
Le tecnologie che utilizzano nella costruzione, l’influenza della cultura e del contesto storico e umano definiscono chiari i limiti di quello che possiamo realizzare e ci impongono di metterci in ascolto.
Per l’Headquarters BGI abbiamo seguito il lotto, deformato l’incursione della fermata della metro e il nuovo edificio è diventato un vero fronte urbano, tecnologicamente avanzato per gli standard della città.
Ci siamo posti come un vero landmark al centro di Addis Abeba creando una nuova visione per lo sviluppo urbano della città.
L’edificio risolve le esigenze dell’azienda creando un building polifunzionale che ad ogni piano risponde e corrisponde a una funzione o ad una precisa richiesta del committente, partendo dal piano terra dove abbiamo gestito tutti i flussi di produzione e di transito fino agli ultimi piani, dove ci sono gli appartamenti per la foresteria e dove l’edificio si apre con grandi terrazze che offrono la vista di un paesaggio lontano dal caos cittadino facendo conoscere la vera natura del territorio.
Per le nuove strutture ricettive in fase di realizzazione, creare un progetto sostenibile, resiliente e assolutamente integrato con il contesto è stato l’input che ha guidato tutta la fase di progettazione.
Impattare il meno possibile per non lasciare la nostra impronta o il nostro segno grafico sul terreno, ma creando strutture che rispecchino la tradizione e che le persone possano riconoscere.

 

BGI Ethiopia Headquarters, Addis Abeba

 

Come affrontate l’interior design per esempio nel loft verticale a Milano, dove l’uso espressivo dell’elemento scale diventa l’elemento centrale del progetto?

Si tratta di un intervento di radicale ristrutturazione di un’abitazione monofamiliare, facente parte del villaggio di case popolari per ferrovieri costruito negli anni ’20 in zona Città Studi a Milano.
La richiesta del committente era quella di ottenere la massima spazialità interna.
Abbiamo concretizzano un progetto che supera i vincoli esterni espandendo il più possibile lo spazio interno in verticale attraverso la realizzazione, ex novo, di un nucleo portante autonomo, di due livelli aggiuntivi e di un sistema di doppie scale perimetrali a rampa unica per il collegamento dei cinque piani ognuno a destinazione unica.
Ciascun piano è servito da due scale fra loro indipendenti che seppur di dimensioni ridotte e in posizione “di sponda” (lungo i muri portanti longitudinali) sono primari elementi compositivi.
Generano infatti un flusso a zig-zag dal piano interrato al piano quarto, che implica il passaggio trasversale del singolo piano per poter accedere alla successiva rampa e continuare il percorso in salita o discesa. Scale a cui è demandato un ruolo giocoso, ma soprattutto un ruolo statico di primo piano in quanto contribuiscono a contrastare la deformazione delle murature perimetrali di oltre 11 metri di altezza.
Non vi sono elementi d’interruzione (porte e armadi) tanto che la visuale spazia in tutte le direzioni.
Materiali, finiture, dettagli, arredi e colori non sono da meno nella definizione del disegno generale del progetto: pietra naturale di Borgogna in lastre e legno di rovere a doghe con un particolare trattamento per i pavimenti; ferro con verniciatura a effetto micaceo per serramenti e naturale per balaustre; vetro strutturale per la parte di solaio del primo piano davanti alle finestre o satinato ad effetto vellutato per alcune partizioni trasparenti; resina epossidica spatolata per alcuni rivestimenti; legno laccato nelle tonalità del tortora, grigio e marrone chiaro per gli arredi realizzati su misura; librerie in cartongesso realizzate a misura.

 

Parliamo dell’uso dei materiali e della ceramica nei vostri progetti. I materiali e il verde amplificano le percezioni e in comfort visivo? Cosa ne pensate delle potenzialità del materiale ceramico? Avete utilizzato prodotti di Lea ceramiche per un progetto in Etiopia.

I materiali diventano parte integrante per la realizzazione del progetto. Sono uno dei linguaggi che si utilizza per sviluppare e dare coerenza al progetto in tutte le sue parti. Oltre ai materiali tradizionali, il verde e la luce naturale diventano anche loro un materiale a tutti gli effetti, garantendo una connessione tra interno ed esterno che per noi ha un grande rilevanza in ogni area di intervento.
Delle ceramiche apprezziamo la loro versatilità e la loro resistenza. Garantiscono una durata nel tempo con una manutenzione ridotta. Un loro utilizzo sapiente, integrato con tutti gli elementi che compongono un progetto, potenzialmente può creare degli spazi contemporanei e di carattere.
Per l’Headquarters di BGI abbiamo scelto di adottare integralmente le ceramiche Lea per ogni aspetto del progetto.
L’idea di poter utilizzare uno stesso materiale declinato per finiture e tipologie, ma della stessa natura e della stessa azienda ci ha aiutati a definire un progetto complesso anche dal punto di vista logistico per quanto riguarda le forniture.
Abbiamo utilizzato il gres ceramico in tutte le varie tecnologie di realizzazione, dalla lastra ultrasottile per la facciata ventilata al pavimento effetto legno per la scala principale ad alta percorrenza nel corpo centrale dell’edificio.

 

 

Novembre 2023

BIOGRAFIA
Cer Magazine Italia 65 | 11.2023
Eterno Ivica
BIOGRAFIA

Westway Architects (Luca Aureggi, Maurizio Condoluci, Laura Franceschini) è uno studio di architettura fondato a Roma nel 2005. Il nome prende origine dalla volontà di unire le esperienze professionali e di vita acquisite negli Stati Uniti con la cultura della terra di origine. Tutti i progetti nascono e si sviluppano per risolvere le esigenze e le richieste del committente. Progetti di grande complessità e maestria quali la risistemazione delle cantine e degli edifici industriali del complesso Santa Margherita a Portogruaro, il nuovo palazzo residenziale/commerciale nel contesto storico di via Monte Grappa a Milano, i negozi Nike, il concept per l’area food di Bloomingdale a New York, l’auditorium del Gruppo Caltagirone a Roma, gli uffici di Cementir Holding a Roma e di Italiana Costruzioni a Milano e a Roma, la nuova sede direzionale Castel Group in Etiopia e una notevole varietà di interventi nel retail e nell’edilizia residenziale privata. L’attività dello studio è consolidata in tutto il paese e si estende all’estero con progetti e cantieri in Etiopia.