Progetti



Oltre la scelta architettonica. Il senso progettuale della ceramica | di Alfonso Femia
Articolo pubblicato in: "L’intelligenza della ceramica"
(Marzo 2025) | Sono tanti i “prima” che spingono un architetto a prediligere una materia: un “prima” storico, artigianale, di cultura popolare, di immaginario e di immagini, di sperimentazione, di tecnologia. Il presente pesca nelle potenzialità e nell’innovazione contemporanea, nelle prospettive aperte sul futuro, nella sensibilità personale e nella tempra artistica, nell’economia, nella creatività industriale e nell’impianto normativo che autorizza, vincola, limita, regola l’uso personalizzato dei materiali.
Materia vuol dire mestiere, mestiere vuol dire territorio, storia, quindi appartenenza …
Senza la ricerca sulla materia e la sua partecipazione alla costruzione della città e dell’architettura, perdiamo i mestieri, perdiamo il rapporto con il territorio, con gli artigiani, con la nostra storia, con la nostra appartenenza ai luoghi e al tempo … perdiamo noi stessi.
La nostra ricerca sulla ceramica mette insieme lo studio sulla materia, gli aspetti tecnici ed economici, i sistemi di posa per avvicinare la scala artigianale a quella industriale. Per questo modus operandi che è, a tutti gli effetti, una mediazione creativa, agli Atelier(s) viene attribuita una competenza identitaria.
La ricerca non persegue l’obiettivo dell’eccezione, la personalizzazione unico usa e getta, bensì quello del dialogo con le aziende, per innovare ed evolvere, modificando l’approccio di prodotto a catalogo, costruendo gesti progettuali artistico-industriali.
La competenza sociale della ceramica
C’è un altro significato, meno architettonico e più progettuale, che mi ha spinto a scegliere la ceramica e a farne la materia identificativa del mio lavoro.
È un materiale che sintetizza aulico e popolare, arte e artigianato, bello e brutto anche (ricordiamo l’involucro rivestito in Klinker che ha caratterizzato molti edifici degli anni Settanta in Italia e che è oggi una distonica scenografia urbana).
È di molti materiali restituire canoni estetici diversi, contradittori anche, ma la ceramica ha una capacità espressiva che li esaspera.
Potremmo affermare che è un materiale pericoloso, sovraccarico delle citazioni dei grandi nomi del passato, ma anche dell’uso sciatto di cui permane traccia evidente nelle città.
In questo senso, la ceramica è materia adrenalinica, stimola impegno sul valore pubblico di ogni intervento, a prescindere dalla committenza e dalla destinazione d’uso, è materia destinata a comporre edifici che sono insieme architetture e azioni di trasformazione urbana.
La ceramica si declina in modo coerente alle esigenze del progetto contemporaneo: è questo il tempo in cui è necessario sostituire all’auspicato “cambio di paradigma” un diverso modello di infrastruttura culturale che si dichiari in scelte orientate al benessere della comunità nel suo insieme e degli individui che la compongono.
Un passaggio non scontato perché riattribuisce all’architettura una competenza sociale e politica progressivamente perduta negli ultimi anni.
Materia parlante
Il senso sociale e urbano dell’uso della ceramica si esprime attraverso la luce e lo spazio.
Le concatenazioni di sequenze orizzontali e verticali, di compressioni e dilatazioni influenzano il modello percettivo dell’edificio. Bilanciare e governare l’involucro dell’edificio attraverso lo spazio e la luce crea una relazione con il luogo e con le persone, sia con la piccola comunità che lo vive, sia con la grande comunità dei cittadini che lo intercetta.
La dimensione architettonica del costruito si innesta in quella naturale, i colori del cielo e dell’edificio si mescolano si confondono e si influenzano creando delle originali palette cromatiche che disegnano rassicuranti e accoglienti tracce urbane lontane dalle iperboli di forma e di materia.
Attraverso la ceramica si riafferma, dunque, la materia e l’architettura.
Le intelligenze della ceramica
Ho identificato cinque “intelligenze” nella ceramica che si dichiarano, nelle mie architetture, spesso insieme, talvolta singolarmente. Penso siano molte di più, mille sfumature e sensibilità: la ceramica esprime la capacità di parlare e di raccontare l’edificio, si riappropria del suo valore come materia e della poeticità e capacità narrativa del “pensare per materia”.
Nella ceramica il rapporto non è mai solo tra materia e architettura, la scala urbana è il primo riferimento. Tra pensabile e possibile sta la dimensione emozionale della ceramica, nella sua particolare capacità di accogliere e respingere la luce; è componente descrittiva e diventa, a seconda dei momenti, contrappunto o accento del corpo architettonico nel suo insieme. La trasformazione da bidimensionale a tridimensionale potenzia la sua plasticità in un esercizio di conciliazione degli opposti, a seconda dei punti di osservazione: compatta e frammentata, lucida e opaca, piena e vuota; è preziosa e luminosa presenza che si accosta al legno, alle superfici intonacate, e trasforma l’edificio in un racconto bilanciato di materiali e cromie, contrappunto alla sua dimensione e geometria; ha la capacità di conservare uno stato di equilibrio termico senza alimentarsi ad artifici e azioni tecnologiche. Non si deforma, è resistente alle temperature e agli inquinanti chimici. Sta in un punto di equilibrio naturale nella relazione con l’ambiente e con l’energia.
Infine, sicuramente la ceramica dà qualità alla superficie, è pelle sensibile e comunicativa. Nel percorso di progetto, nella corrispondenza d’intenzione tra artigiani, architetti e ingegneri, c’è lo spazio per un nuovo conoscibile e per una moltiplicazione ulteriore delle competenze che ne incrementa sia le prestazioni, sia le geometrie e la versatilità, sia il linguaggio.
Alfonso Femia Architectures ha approfondito le tematiche sopra riportate in un libro dal titolo L’intelligenza della ceramica, edito da Marsilio Editore, 2024.
La presentazione del volume avverrà mercoledì 9 aprile a partire dalle ore 18.00 presso il Creative Centre Casalgrande Padana, Piazza San Marco, 1 a Milano.