Il valore della nostra storia

La mostra al Castello di Spezzano sulle piastrelle di fine Ottocento e quella di Gio Ponti presso il MIC sottolineano la primordiale natura industriale del settore italiano unita alla versatilità estetica e funzionale delle superfici
Di Andrea Serri

(Maggio 2024) | Vivere il presente avendo una attenzione e tensione verso il futuro – per capirne gli scenari e delineare i migliori percorsi possibili – rappresenta la normale attività che imprese e persone compiono quotidianamente. Una impostazione che, tra l’altro, tiene sempre conto delle peculiarità del nostro essere, frutto del vissuto. Paradossalmente, ma fino ad un certo punto a ben guardare, mentre il valore generato nella quotidianità è svilito dalla velocità con cui le cose accadono e dalla molteplicità dei soggetti simili che concorrono contemporaneamente a creare il proprio spazio e la propria identità, la nostra storia rappresenta un fattore essenziale di distinzione – peraltro non imitabile.

In queste settimane sono aperte due mostre dedicate alla storia della ceramica, dal taglio diverso ma dal grande rilievo sia espositivo che soprattutto per i messaggi sottostanti. La prima, in termini cronologici, è quella che si tiene al Castello di Spezzano di Fiorano Modenese dal titolo ‘Le piastrelle da piccole. 1889-1939: i primi cinquant’anni del distretto’.  Una data di partenza che coincide con l’evento tenutosi al Museo Artistico Industriale di Roma dove, per la prima volta, venne esposta una selezione delle ceramiche realizzate a Sassuolo e dintorni. Più che gli aspetti estetici, quello che qui vale la pena sottolineare è che i prodotti in esposizione erano frutto dell’allora moderna produzione industriale, generati da un processo organizzato per operare su larga scala attraverso l’ausilio di specifiche tecnologie. La ceramica italiana destinata a pavimenti e rivestimenti è quindi, fin dalle sue origini, il risultato ultimo di un sistema produttivo organizzato per la trasformazione di argilla in prodotto finito, dove l’innovazione tecnologia impiantistica è, da allora, una costante.

Gio Ponti. Ceramiche 1922–1967’, ospitata al MIC di Faenza fino al prossimo 13 ottobre, racconta invece di come un grande architetto, designer, intellettuale, ma anche divulgatore ante litteram del ‘made in Italy’ interpreta questo materiale come un prodotto di design dalle molteplici destinazioni d’uso, residenziali e non residenziali. Un manufatto dalla valenza caleidoscopica, sintesi alta tra il frutto dell’industria e la creatività ed ingegno dell’artista, in un esercizio destinato ad avere un suo concreto epilogo dallo straordinario valore. Non solo per gli effetti estetici realizzati, ma anche e soprattutto per la capacità di pervadere gli spazi del costruito, siano questi interni ed esterni di case, palazzi e città, come la storica – ed attuale – produzione ceramica italiana ha dimostrato di saper fare.

Tecnologia industriale ed estro artistico che da un secolo e mezzo accompagnano l’offerta della ceramica italiana oggi sui mercati di tutto il mondo. Una storia che rappresenta un orgoglio per chi ha contribuito a scriverla, un fattore distintivo essenziale per l’Italia rispetto all’attuale concorrenza presente sui mercati esteri, un pilastro fondamentale per riaffermare una leadership culturale e di visione italiana nel mondo dell’edilizia e dell’interior design.

Cer Magazine Italia 70 | 05.2024